Speranza per le giovani generazioni adivasi del villaggio di Titlidangi
Con il progetto, Speranza per le giovani generazioni adivasi, SoS India ha collaborato con il vescovo di Bagdogra per promuovere la formazione scolastica, professionale, socio-economica, morale e umana di tutta la comunità di Titlidangi.
Titlidangi è un villaggio dello Stato del West Bengala, a circa 50 chilometri dalla città di Siliguri e 40 da Bagdogra. È un grande villaggio che fa punto di riferimento per 12 villaggi più piccoli.
Molti degli abitanti vivono in capanne di fango e lavorano come operai giornalieri nelle piantagioni di tè e nelle coltivazioni di ananas. La condizione economica è misera, appena sufficiente per la loro sopravvivenza. Sono molto diffuse malattie quali la tubercolosi, la malaria e il morbo di Hansen, che si sviluppano facilmente a causa della malnutrizione e delle condizioni igienico-sanitarie estremamente precarie.
Circa il 70% degli adulti è analfabeta o semianalfabeta. I bambini cercano di frequentare le scuole governative, ma sono pochi quelli che riescono a completare gli studi.
La situazione della donna è simile a quella di qualsiasi altro contesto povero indiano: matrimoni combinati in tenera età e celebrati contro la volonta della donna, discriminazione familiare, professionale, socio-economica, etc.
Sono cinque gli obiettivi principali che SoS India si è proposta di raggiungere con il progetto Speranza per le giovani generazioni adivasi:
1) sensibilizzare la popolazione a prendere consapevolezza di quanto sia importante una formazione di base e un’adeguata istruzione per combattere le povertà, non solo economiche;
2) promuovere il mutuo-aiuto, la solidarietà e la cooperazione per la valorizzazione e l’integrazione delle risorse disponibili anche attraverso adeguati percorsi di valorizzazione della persona (Self help group) e corsi professionalizzanti rivolti in prevalenza alle donne, asse portante della famiglia e di molti settori economici;
3) creare una cultura dei diritti e dei doveri per il superamento di ogni tipo di discriminazione, sia essa sociale, economica o di appartenenza socio-religiosa e di genere;
4) offrire momenti di incontro che siano in grado di promuovere una maggiore consapevolezza sui problemi che toccano i villaggi quali la questione emigratoria illegale o clandestina, il traffico di esseri umani, la condizione delle giovani donne e dei bambini…;
5) organizzare incontri formativi sulla tutela della salute e la sua prevenzione con particolare attenzione all’igiene personale e comunitaria, alle gravidanze precoci e ad alcune malattie molto diffuse quali l’Hiv/Aids e la hanseniasi.
Per centrare tutti questi obiettivi la popolazione ha ritenuto necessario iniziare con la costruzione di una Community Hall, una Casa per la comunità.
La Community Hall , già edificata è composta da: un grande salone, una veranda di ingresso con due grandi stanze sul retro fornite di sedie, scrivanie, panche, tavoli, armadi, macchine da cucire, computer, strumenti musicali e, in un edificio separato, delle toilette.
Chi ne ha beneficiato
- 2.800 persone
Chi ha finanziato il progetto
- La Conferenza Episcopale Italiana attingendo all‘8 per mille del gettito Irpef dei contribuenti italiani per interventi nei Paesi in via di sviluppo.