Missione

La testimonianza:
“…ciò che ha segnato per sempre la mia vita”
Patrizia Bianconi – Presidente SoS India

Erano anni che il mio parroco raccontava le sue esperienze missionarie in India e così nel 2003 decisi di accompagnarlo. Oltre a lui – padre Anselmo Morra sj – era con me don Piero Laterza, figura fondamentale nel mio cammino e per la vita di quello che diventerà il Comitato di Iniziativa Umanitaria SoS India ONLUS.

Fatte le vaccinazioni di rito, ottenuti i visti e preparate due grandi valigie, sono partita alla volta di una delle esperienze che più di altre hanno influito sulla mia vita adulta e sul mio rapporto con la fede, ma ancora non sapevo cosa sarebbe irrimediabilmente cambiato in me.

In quelle settimane visitai diverse realtà dal sud al nord dell’India, un calendario fitto d’incontri ed emozioni, ma nulla a che vedere con quanto successe a Matigara…

Arrivammo sul far della sera in questa località nella provincia di Siliguri (West-Bengala) attraversata da grandi fiumi, ai piedi delle alte catene montuose dell’Himalaya. Un’area dal clima molto umido e freddo. Ero ospite nella casa provinciale dei Padri Gesuiti. Una casa povera ma decorosa, dove al mattino si beve il thè e tutte le volte che senti fame ti offrono un altro bicchiere di thè… poi c’è il riso, a pranzo e a cena, ovviamente. A quella tavola ho conosciuto dei sacerdoti indiani molto giovani – i padri gesuiti Cherian, Freddy, Julius – ma anche Fratel Bob, un canadese di una grande umanità che nel 1971 aveva fondato l’ospedale Jesu Ashram per venire incontro ai bisogni dei poveri.

Ci fermammo un paio di giorni e visitai le loro realtà missionarie. La scuola diurna per i bambini tra i 7 e i 12 anni di età e quella serale per quelli di loro che durante il giorno lavoravano come spaccapietre sulla riva del fiume; il centro di ritrovo in cui le ragazze imparavano a conoscere i doveri (accudire la famiglia e allevare i bambini) ma soprattutto i loro diritti di donne e lavoratrici delle piantagioni del the. E poi c’era l’ospedale, dove tutte le persone indigenti sono curate gratis indipendentemente dal loro credo. Lebbra e tubercolosi erano le malattie più comuni tra i bambini e gli anziani ricoverati.

In quel luogo ho visto cose che mi hanno fatto rabbrividire e vergognare come persona umana, ma soprattutto come cristiana.

Ho visto la sala operatoria con pochi ferri chirurgici tutti arrugginiti; come attrezzatura per la diagnostica c’era un solo vecchio microscopio… Quando passavo per le corsie – se vogliamo chiamarle tali – vedevo letti arrugginiti ricoperti di stracci che i malati si erano portati da casa, ciotole vecchie e sacchetti con le poche cose che ognuno di loro possedeva. I Padri che mi accompagnavano per quei corridoi si fermavano ad ogni letto e per ognuno avevano una carezza, una parola. Li conoscevano uno ad uno e mi raccontavano la loro vita. Con i miei occhi ho visto i vari stadi della lebbra, bambini mutilati di mani, piedi, braccia perché i loro genitori non avevano quelle poche rupie che servivano per la cura. Mentre avanzavo, io – che mi reputo una cristiana – pregavo il Signore dentro di me chiedendogli di darmi la forza per andare avanti, e che nessuno mi toccasse perché mi facevano ribrezzo.

Credetemi mi sono vergognata. E mi sono interrogata sulla qualità del mio essere cristiana.

Abbiamo tutto e siamo degli infelici. Loro non hanno niente, ma sanno ringraziare il loro Dio del poco o del niente che hanno. Per una pastiglia di Buscopan o un’aspirina s’inginocchiano a baciarti i piedi … Non posso dimenticare le mani e i piedi di quei gesuiti e di quelle suore, piene di tagli e di calli, e delle cure e del conforto che riservavano a ognuno di quei malati facendoli sentire amati e importanti come mai forse lo erano stati. Quella sera feci loro una promessa: tornata in Italia avrei fatto qualcosa per aiutarli ad alleviare le sofferenze di quelle persone.
Poche settimane dopo, rientrata a Torino, iniziai a raccontare il mio viaggio e a condividere con alcune famiglie del condominio e alcuni amici l’esperienza e le emozioni di quei giorni indelebili.

Così è nato nel 2004 il Comitato di Iniziativa Umanitaria SoS India ONLUS.

Da allora manteniamo fede al nostro impegno raccogliendo fondi e risorse da consegnare direttamente e senza intermediari all’ospedale Jesu Ashram di Matigara e ad altre missioni cattoliche in India che operano a servizio della popolazione più bisognosa accogliendo e restituendo la dignità a persone di ogni età, etnia o religione, provvedendo alla loro salute, sostentamento, educazione e istruzione.

Don Piero Laterza
Don Piero Laterza
Il superamento della povertà non è un gesto di carità. È un atto di giustizia. È la protezione di un diritto fondamentale: il diritto alla dignità e ad una vita decente.

CAMBIA UNA VITA OGGI

Finché persistono povertà, ingiustizie e disuguaglianze, nessuno di noi può veramente riposare. Cambiare una vita parte dal nostro sentire. Mettiti in contatto e facciamo la differenza.

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